Esenzione IMU: il valore della residenza anagrafica
La Corte di giustizia tributaria di primo grado di Milano con la sentenza n. 2636 essendo datata 28 settembre 2022 ha involontariamente anticipato quanto poi è stato affermato dalla Corte costituzionale con la sentenza 209 del 13 ottobre 2022, ossia che il requisito della dimora abituale va riferito soltanto al possessore e non più al nucleo familiare.
(Leggi anche Possibile la doppia esenzione IMU per i coniugi residenti in Comuni diversi)
La sentenza milanse ha in pratica affermato che quanto risulta dall'anagrafe ha valore meramente presuntivo sul luogo di residenza effettiva e può essere superato da una prova contraria come ad esempio:
- la denuncia Tari,
- gli avvisi di pagamento delle utenze domestiche
- o la dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà dell’amministratore di condominio.
I fatti della causa riguardavano un contribuente che ha impugnato avvisi di accertamento 2018 e 2019 relativi all'IMU in quanto residente, ma anche con dimora e domicilio in un immobile acquistato anni addietro come prima casa.
Il Comune in giudizio aveva eccepito che nei periodi accertati il contribuente risultava ancora nel nucleo familiare insieme ai genitori, nella stessa via e numero civico, ma in un appartamento differente.
Secondo l'ente locale egli non poteva godere della agevolazione fiscale in quanto "a fronte di un unico nucleo familiare vi può essere una sola abitazione principale ai fini Imu considerato che allo stesso civico, ma in altro appartamento, risultava residente anche la madre".
La Cgt di Milano accoglie invece il ricorso del contribuente confermando il diritto all’esenzione.
I giudici hanno ritenuto che le risultanze anagrafiche hanno valore meramente presuntivo sulla residenza effettiva e possono essere superate da prova contraria.
Va ricordato che la CTP di Milano sentenza n 2743/2021, in tema per abitazione principale aveva affermato che non deve intendersi quella di residenza anagrafica, visto che l’articolo 8, comma 2, Dlgs 504/1992, come modificato dall’articolo 1, comma 173, legge 296/2006, introduce una presunzione relativa che può essere superata fornendo prova contraria. Secondo il Codice civile la residenza è il luogo in cui la persona ha la dimora abituale.
La Corte di Cassazione in varie occasioni ed in ultimo con la sentenza n 13241/2018, in merito alla abitazione principale, si era già espressa riprendendo il concetto civilistico di residenza determinato dalla abituale e volontaria dimora in un luogo, che si caratterizza per l’elemento oggettivo della permanenza e soggettivo dell’intenzione di abitarvi stabilmente, fatto appunto confermato dalla recente sentenza di ottobre 2022 della Cassazione di sopra richiamata.