Riforma fiscale: la società a ristretta base partecipativa
Il legislatore fiscale non ha mai distinto le società di capitali in base al numero dei soci partecipanti alla compagine sociale; nonostante ciò, per iniziativa di giurisprudenza e prassi, nella pratica vige un sistema di sfavore per le società a ristretta base partecipativa.
Nelle società di capitali partecipate da un numero esiguo di soci, molto spesso questi assumono l’incarico di amministratori e, anche quando così non è, comunque partecipano attivamente alle scelte della società, pure da semplici soci di capitale.
Partendo da questa considerazione, giurisprudenza e prassi, per le società caratterizzate da ristretta base partecipativa, hanno costruito un sistema di presunzioni, in base alle quali:
- eventuali minori costi o maggiori ricavi contestati alla società vengono considerati come nuovi redditi per l’impresa;
- questi redditi si considerano anche elargiti ai soci, con tutte le conseguenze fiscali che derivano da ciò.
Molte sono state le critiche a questo sistema di presunzioni, partendo dalla constatazione che un tale sistema di sfavore non origina dall’ordinamento, passando per l’indeterminatezza che caratterizza il perimetro di queste riprese fiscali.
La notizia è che la Legge delega fiscale tratta esplicitamente la questione: così facendo ne definisce i contorni, e l’inserisce nell’ordinamento fiscale.
La motivazione del legislatore è esplicita: “assicurare la certezza del diritto”, in risposta al fatto che l’attuale sistema di presunzioni presenta dei contorni molto fumosi.
Il dubbio è se questa disciplina di sfavore, specifica per le piccole società di capitali, costituirà un ulteriore ostacolo per le aggregazioni societarie oppure no.
In ogni caso, l’articolo 17 della Legge delega fiscale prevede “la limitazione della possibilità di presumere la distribuzione ai soci del reddito accertato nei riguardi delle società di capitali a ristretta base partecipativa ai soli casi in cui è accertata, sulla base di elementi certi e precisi, l’esistenza di componenti reddituali positivi non contabilizzati o di componenti negativi inesistenti, ferma restando la medesima natura di reddito finanziario conseguito dai predetti soci”.
In attesa dell’attuazione della delega, da cui discenderanno maggiori dettagli, è già possibile dedurre che il legislatore:
- prevederà, per norma, le situazioni specifiche in cui sarà lecito presumere che il maggior reddito accertato alla società potrà essere considerato anche distribuito ai soci;
- che ciò potrà essere presunto solo per le società a ristretta base partecipativa;
- che potranno essere considerati come distribuiti ai soci solo componenti reddituali positivi non contabilizzati e componenti negativi inesistenti;
- che questi maggiori valori reddituali dovranno essere accertati in base ad elementi certi e precisi;
- che il reddito imputato ai soci sarà considerato reddito finanziario da partecipazione (l’utilizzo dell’espressione generica “reddito finanziario”, in questa situazione, possibilmente dipende dal fatto che i redditi di questa natura verranno riorganizzati dalla riforma).
In definitiva, quindi, il legislatore recepisce la disciplina fiscale di sfavore nei confronti delle società a ristretta base partecipativa, ma ne delineerà regole, limiti e perimetro.
La tipizzazione del fenomeno permetterà di regolarlo chiaramente, per cui l’obiettivo dichiarato di tutelare la certezza del diritto possibilmente sarà raggiunto; ma molto dipenderà dalla definizione degli “elementi certi e precisi”.