Società estinta: la legittimazione processuale del liquidatore
Una delle conseguenze dell’eccesso normativo è la possibilità di trovare delle norme che si prendono un po’ a spallate tra loro, essendo difficile definire quando inizia l’una e finisce l’altra.
In ambito fiscale questo succede non di rado, anche perché la disciplina tributaria si trova spesso a interagire con quella civilistica che, trattando spesso le medesime fattispecie, le osserva con occhio diverso e cerca di tutelare interessi collettivi diversi.
È quello che accade, ad esempio, alla legittimazione processuale del liquidatore dopo l’estinzione della società di capitali.
Il lettore ricorderà che, per effetti dell’articolo 2495 del Codice civile, nel momento in cui una società è cancellata dal registro delle imprese smette di esistere, ed avviene un fenomeno successorio nei confronti dei soci che ne ereditano crediti e debiti (nei limiti di quanto percepito in sede di liquidazione).
La conseguenza di ciò è che, dopo l’estinzione della società, il liquidatore terminerà il suo incarico, in quanto non può esistere il legale rappresentante di un soggetto non più esistente, per cui la capacità processuale, per eventuali crediti o debiti residui, spetterà ai soci.
La normativa fiscale, che tutela interessi collettivi diversi da quelli perseguiti dal Codice civile, per tutelare il legittimo interesse erariale alla riscossione fiscale, ha introdotto l’articolo 28 del Decreto Legislativo 175/2014, il quale prevede che “ai soli fini della validità e dell'efficacia degli atti di liquidazione, accertamento, contenzioso e riscossione dei tributi e contributi, sanzioni e interessi, l'estinzione della società di cui all'articolo 2495 del Codice civile ha effetto trascorsi cinque anni dalla richiesta di cancellazione del Registro delle imprese”.
In conseguenza di questa norma, quindi, per cinque dopo l’estinzione della società, il fisco può contestare e notificare a questa le sue pretese fiscali senza dover rintracciare i soci.
Quello che non è stato chiarito dal legislatore è chi, in questa situazione, ha la capacità processuale per eventuali contenziosi con il fisco, dato che, in conseguenza dell’estinzione della società, il liquidatore decade dal suo mandato e non è più il rappresentante legale.
Il potere di rappresentanza processuale spetta all’ultimo rappresentante legale in carica, di solito il liquidatore, che conserva la legittimazione per i cinque anni successivi all’estinzione della società; dopo tale periodo la legittimazione processuale passa ai soci, ovviamente ai soli fini del contenzioso in tema di imposte, contributi e relative sanzioni o interessi. Quindi, durante tale periodo quinquennale, i soci non possono agire nei confronti del fisco né dovrebbero essere da questo chiamati in causa.
A stabilire questo principio è la Corte di Cassazione, prima con la deliberazione 36892/2022, adesso ribadita dall’ordinanza 22070 del 24 luglio 2023, con le quali si puntualizza il seguente principio: “in tema di cancellazione della società dal registro delle imprese, il differimento quinquennale degli effetti dell'estinzione, previsto dall'articolo 28, comma 4, del Decreto Legislativo numero 175 del 2014 -disposizione di natura sostanziale, operante solo nei confronti dell'amministrazione finanziaria e degli altri enti creditori o di riscossione indicati, con riguardo a tributi o contributi – implica che il liquidatore conservi tutti i poteri di rappresentanza della società sul piano sostanziale e processuale, con la conseguenza che egli è legittimato non soltanto a ricevere le notificazioni degli atti impositivi, ma anche ad opporsi ad essi, conferendo mandato alle liti, mentre sono privi di legittimazione i soci, poiché gli effetti previsti dall'articolo 2495, comma 2, del Codice civile sono posticipati anche ai fini dell'efficacia e validità degli atti del contenzioso”.