Giornalisti: pensioni INPGI cumulabili con reddito da lavoro
Legittimo il cumulo tra pensione (ex) INPGI e redditi da lavoro. Lo ribadisce ancora una volta la Cassazione, affermando che l'art 15 del Regolamento della Cassa previdenziale dei giornalisti che prevede un parziale divieto di cumulo, deve essere disapplicato
La sentenza della Corte di cassazione 24931/2023, Sezione quarta civile, riguarda in particolare il caso di un giornalista dipendente che aveva chiesto al Tribunale di Milano la restituzione delle trattenute effettuate da INPGI sugli assegni pensionistici dall’ottobre 2013.
La Corte d’appello, smentendo la decisione di primo grado, aveva accolto la tesi dell’Inpgi secondo cui, in quanto ente privatizzato, l’Istituto non era direttamente assoggettato alle norme sulle forme previdenziali sostitutive pubbliche per "l'autonomia gestionale, organizzativa e contabile riconosciuta all'INPGI, come agli altri enti privatizzati ai sensi del D.Lgs. n. 509 del 1994," che ha come obiettivo primario di garantire l’equilibrio di bilancio.
La Cassazione ricorda invece l'ente «ha natura di “istituzione pubblica” per effetto della relazione funzionale con lo Stato» in quanto gestiva, fino a giugno 2022 anche la previdenza obbligatoria dei giornalisti dipendenti, con funzione analoga a quelle degli enti pubblici di previdenza e assistenza.
Cumulo pensioni di anzianità INPGI e reddito da lavoro
In due precedenti sentenze n. 20690/2022 e la n. 20522/2022 , discostandosi da arresti precedenti di segno opposto, si era già affermato che per gli enti previdenziali sostitutivi anche se retti da casse private valgono le stesse regole in vigore per la generalità dei lavoratori iscritti alla gestione previdenziale Inps. Si fa riferimento all'articolo 72, comma 2, della legge 388/2000 e all’articolo 44, comma 1, della legge 289/2002.
Nella sentenza 20690 si legge infatti che è necessario " disapplicare l'art. 15 del Regolamento INPGI, che disciplina la materia del cumulo tra reddito da lavoro e trattamento pensionistico in maniera diversa".
Infatti, affermano gli ermellini: "non si tratta certo di negare il valore semantico attribuito dall'opposto orientamento al disposto della L. n.388 del 2000, art. 76, comma 4, (..) ma semmai di attribuire la necessaria rilevanza alla norma regolatrice della fattispecie ratione temporis di cui alla L. n. 388 del 2000, art. 72, comma 2 e della L. n. 289 del 2002, art. 44, comma 2," che afferma: "a decorrere dal 1 gennaio 2003 il regime di totale cumulabilità tra redditi di lavoro autonomo e dipendente e pensioni di anzianità a carico dell'assicurazione generale obbligatoria e delle forme sostitutive, esclusive ed esonerative della medesima, prevista dalla L. 23 dicembre 2000, n. 388, art. 72, comma 1, è esteso ai casi di anzianità contributiva pari o superiore ai 37 anni a condizione che il lavoratore abbia compiuto 58 anni di età"
Un importante precedente sulla stessa linea era stata l'ordinanza 21470/2020 riguardante il ricorso di un iscritto che contestava l'applicazione dell’articolo 15 del Regolamento. Anche il quel caso la corte territoriale aveva accolto la sua richiesta. I giudici di Cassazione avevano respinto il ricorso dell'INPGI ricordando i precedenti giurisprudenziali in materia, in particolare la sentenza 19573/2019 «che ha superato il diverso orientamento di Cassazione 8067/2016 e 12671/2016» e ha ritenuto pacifico che l’articolo 44 della legge 289/2002, nel consentire il cumulo totale tra reddito e pensione di anzianità, va applicato in maniera identica per la previdenza sociale obbligatoria e per le forme sostitutive della stessa, anche ove gestite da enti privatizzati».
A questa interpretazione ormai maggioritaria si aggiungono ora in queste sentenze anche le valutazioni sulle novità normative che hanno portato con la legge di bilancio 2022 al trasferimento dall'INPGI all'INPS dell'intera gestione dei lavoratori dipendenti, entrato in vigore dal 1° luglio 2022.
Con questo passaggio ulteriore, ci si aspetta che aumentino le possibilità che l'istituto modifichi la sua posizione.