Nullo il licenziamento ritorsivo con false ragioni economiche

La Corte di cassazione con la sentenza 18547 2024 ha ritenuto ritorsivo  un licenziamento  che la azienda aveva falsamente dichiarato  fondato su motivazioni economiche dopo il rifiuto, da parte del lavoratore, di trasformazione del contratto da full time  a part time . Ha inoltre precisato che in questi casi  il licenziamento è nullo e il lavoratore ha quindi diritto alla reintegra nel posto di lavoro.

Vediamo i dettagli del caso e  le motivazioni della pronuncia.

Licenziamento ritorsivo dopo rifiuto del part time: il caso

A.A., dipendente di una catena di Supermercati nel reparto macelleria, era stato licenziato con la motivazione di giustificato motivo oggettivo (g.m.o.), dovuto a una presunta crisi aziendale. La società ha sostenuto che il reparto macelleria avesse un costante andamento negativo, giustificando così il licenziamento .

Prima del licenziamento, la Srl aveva proposto ad A.A. di trasformare il suo contratto da tempo pieno a tempo parziale come parte di una strategia aziendale per ridurre i costi in risposta alla presunta crisi del reparto . Il lavoratore ha rifiutato questa proposta ritenendo che  trasformazione avrebbe inciso negativamente sul suo salario e sulle sue condizioni di lavoro.

Successivamente al rifiuto del part-time, il datore di lavoro ha avviato un'azione disciplinare contro il dipendente che però non ha portato ad alcuna sanzione concreta.

Licenziamento ritorsivo per falso GMO: le decisioni di merito e il ricorso

Il ricorso del lavoratore aveva trovato accoglgimento in entrambi i gradi di giudizio

Tribunale di Primo Grado:

Il tribunale di primo grado ha ritenuto che il licenziamento fosse illegittimo per mancanza di giustificato motivo oggettivo. La Corte ha constatato che non vi era un reale andamento negativo nel reparto di macelleria e che non era stata dimostrata l'impossibilità di un “repechage” (ricollocamento) del lavoratore.

Corte d'Appello di Catanzaro:

La Corte d'Appello ha confermato la decisione del tribunale di primo grado e ha ulteriormente accertato che il licenziamento aveva una finalità ritorsiva. 

Gli elementi presuntivi a supporto di questa conclusione includevano:

  • la vicinanza temporale tra il rifiuto di A.A. di accettare un contratto part-time e il suo licenziamento, e 
  • l'iniziativa disciplinare avviata dal datore di lavoro in seguito a tale rifiuto. 

La Corte ha ordinato quindi la reintegrazione di A.A. nel suo posto di lavoro e il risarcimento del danno pari alle retribuzioni non percepite dal giorno del licenziamento fino alla reintegrazione.

Ricorso in Cassazione

I motivi addotti dalla società nel ricorso alla Suprema Corte erano i seguenti:

  • violazione di norme costituzionali e processuali: La  Srl ha sostenuto che la Corte d'Appello aveva travalicato i limiti del sindacato giudiziale sulle scelte datoriali e aveva erroneamente valutato i fatti e le prove;
  • errata applicazione del D.Lgs. n. 23/2015 e del D.Lgs. n. 81/2015: la società ha affermato che il licenziamento  in ogni caso non comportava il diritto alla reintegra poiché la reintegra è prevista solo in casi di licenziamento discriminatorio o nei casi di nullità espressamente previsti dalla legge.
  • utilizzo improprio di presunzioni: la ricorrente ha contestato l'uso di elementi presuntivi da parte della Corte d'Appello per giungere alla conclusione di licenziamento ritorsivo.

Licenziamento ritorsivo e reintegra: la decisione della Cassazione

La Cassazione ha respinto il ricorso della Srl con le seguenti motivazioni:

  • Inammissibilità del Primo Motivo: La Corte ha ritenuto che le argomentazioni della ricorrente riguardassero questioni di merito e valutazioni delle prove, che non sono sindacabili in sede di legittimità. La Corte d'Appello aveva effettuato un'analisi corretta e motivata dei dati e delle prove, dimostrando l'insussistenza della crisi aziendale.
  • Infondato Secondo Motivo: La Corte ha chiarito che il licenziamento era stato dichiarato ritorsivo non perché legato al rifiuto del part-time, ma perché motivato da inesistenti ragioni aziendali, mascherando un intento vendicativo per il legittimo rifiuto del lavoratore. 
  • Sul tema della reintegra la ricordato la recente sentenza della Corte Costituzionale n. 22/2024  che ha incluso  il licenziamento ritorsivo tra i casi di nullità che comportano la tutela reintegratoria.
  • Inammissibilità del Terzo Motivo: La Corte ha ritenuto che il ricorso non dimostrasse una falsa applicazione delle norme sulle presunzioni, ma cercasse piuttosto di proporre una diversa interpretazione delle prove e dei fatti, il che non è consentito in sede di legittimità.

Conclusione

La Cassazione ha confermato la decisione della Corte d'Appello, ribadendo l'illegittimità e la natura ritorsiva del licenziamento, e ha ordinato la reintegrazione del lavoratore e il risarcimento del danno.