Reintegra nel posto di lavoro e fallimento
La richiesta di reintegrazione nel posto di lavoro anche se l'impresa è in amministrazione straordinaria è legittima e competenza del giudice del lavoro per la tutela dei diritti patrimoniali e previdenziali del lavoratore. Questo quanto ribadito dalla Corte di Cassazione nella sentenza n.41586 del 27 dicembre 2021.
Il caso all'attenzione della Cassazione
Il caso di specie riguardava un lavoratore licenziato per giustificato motivo oggettivo da una impresa edile in procedura di amministrazione straordinaria, che chiedeva la reintegra e il risarcimento del danno per il mancato repechage.
Sia il tribunale di Nola che la Corte di appello di Napoli accoglievano il ricorso del lavoratore riguardo il diritto alla reintegra in quanto la società non aveva dimostrato l'impossibilità di repechage nei suoi confronti.
La Corte di cassazione cui si rivolge la società datrice di lavoro conferma la sentenza della Corte territoriale in quanto è corretta l'applicazione del principio secondo cui anche nell'ipotesi di sottoposizione della società datrice alla procedura di amministrazione straordinaria sussiste la competenza del giudice del lavoro sulla domanda di annullamento del licenziamento.
Per la domanda di risarcimento invee opera la regola della "improcedibilità o improseguibilità della domanda, per difetto temporaneo di giurisdizione per tutta la durata della fase amministrativa di accertamento dello stato passivo ". Solo al momento della dichiarazione del fallimento la competenza passa al foro fallimentare. La domanda di rasrcimento non era quindi stata accolta.
La cassazione precisa che in tema di reintegrazione nel posto di lavoro, nei confronti del datore di lavoro dichiarato fallito, permane la competenza funzionale del giudice del lavoro, in quanto la domanda proposta non è configurabile soltanto come strumento di tutela di diritti patrimoniali da far valere nel fallimento , ma anche :
- per l'eventualità della ripresa dell'attività lavorativa (conseguente all'esercizio provvisorio ovvero alla cessione dell'azienda, o a un concordato fallimentare), e
- per tutelare i connessi diritti non patrimoniali, ed i diritti previdenziali, estranei all'esigenza della par condicio creditorum.
Inoltre la sentenza ricorda che in tema di licenziamento per giustificato motivo oggettivo, è sufficiente, per la legittimità del recesso, che le ragioni inerenti all'attività produttiva e all'organizzazione del lavoro determinino un effettivo mutamento dell'assetto organizzativo attraverso la soppressione di un'individuata posizione lavorativa: se tale soppressione non ha luogo il recesso appare pretestuoso. Giustamente in questo caso il giudice ha applicato tali principi consolidati.
Inoltre Corte territoriale aveva svolto un'indagine in concreto, e aveva verificato che ci sarebbe stata la possibilità di utilizzare la figura professionale del topografo anche in altri cantieri , mentre è mancata a mancata dimostrazione, da parte del datore di lavoro, di fatti ostativi.
Per questi motivi il ricorso viene rigettato dalla Suprema Corte.