Uniemens: nuovo codice contributo malattia lavoratori intermittenti

Con messaggio 2382  del 26 giugno INPS annuncia l'istituzione di un nuovo codice  da inserire nel flusso Uniemens per i datori di lavoro aventi alle dipendenze personale adibito a un’attività compresa tra quelle proprie dei pubblici esercizi e in relazione alla quale è dovuto il versamento del contributo aggiuntivo di malattia, pari allo 0,77%, della retribuzione imponibile   con riferimento ai dipendenti assunti con contratto di lavoro intermittente (cd. lavoro a chiamata).

Codice lavoratori intermittenti pubblici esercizi per il contributo malattia

L'istituto ricorda in particolare che con la circolare n. 41 del 13 marzo 2006, con riferimento alle prestazioni di malattia dei lavoratori intermittenti è stato precisato che per i suddetti lavoratori è dovuto il contributo  aggiuntivo che deve essere determinato nella misura prevista per gli altri lavoratori occupati.

Per questo , in riferimento ai lavoratori intermittenti identificati con il codice tipo contribuzione “G0” e “H0” alle dipendenze dei datori di lavoro sopra individuati,  è stato istituito il nuovo codice tipo lavoratore “IA”, avente il significato “Lavoratore intermittente addetto ai pubblici esercizi per i quali è dovuto il contributo aggiuntivo di Malattia dello 0,77%”, da esporre all’interno della sezione <PosContributiva> del flusso Uniemens.  

Lavoro intermittente e malattia le istruzioni

La circolare 41 2006 illustrava le novità del Decreto Legislativo 10 settembre 2003, n. 276 e successive modificazioni, sulle prestazioni a sostegno del reddito in relazione ad alcune forme di rapporto di lavoro.

Sul LAVORO INTERMITTENTE (artt. 33-40) specifica in particolare:

Il contratto di lavoro intermittente è il contratto attraverso il quale il lavoratore si pone, a tempo determinato o indeterminato, a disposizione del datore di lavoro, che ne può utilizzare la prestazione lavorativa nel rispetto di un periodo minimo di preavviso. Sono previste due distinte tipologie contrattuali:

 l’una caratterizzata dall’obbligo contrattuale del lavoratore di rispondere alla chiamata del datore di lavoro, con diritto alla corresponsione di un’indennità per i periodi di disponibilità obbligatoria; 

l’altra, invece, dall’assenza di un obbligo di disponibilità in capo al lavoratore, con la conseguenza che il rapporto contrattuale si instaura solo al momento in cui il lavoratore stesso, esercitando una sua facoltà, risponde alla chiamata 

Per quanto riguarda l'indennità di malattia si tratta di rapporto di lavoro di carattere subordinato nell’ambito del quale possono o meno essere previsti periodi di disponibilità obbligatoria, con corresponsione di una indennità quale corrispettivo dell’obbligo assunto dal lavoratore di mettere a disposizione del datore di lavoro le proprie energie lavorative.

  •       A)    prima  tipologia:   obbligo contrattuale di risposta alla chiamata del datore di lavoro

In merito alle indennità di malattia, maternità e tbc, nell’ambito di tale tipologia contrattuale occorre distinguere l’ipotesi in cui gli eventi in questione si collochino durante i periodi di effettivo utilizzo lavorativo dall’ipotesi in cui si collochino, invece, durante la fase di obbligatoria disponibilità.

Dal diverso trattamento corrisposto al lavoratore nel periodo di effettivo lavoro e nel periodo di disponibilità deriva l’applicazione di un diverso parametro retributivo a seconda che le giornate di evento cadano nel periodo di prevista attività lavorativa ovvero di disponibilità; si prende, cioè, come riferimento, rispettivamente, la retribuzione giornaliera percepita durante il periodo di effettivo utilizzo lavorativo immediatamente antecedente all’insorgenza dell’evento ovvero l’indennità di disponibilità spettante secondo il contratto[1].

L’art. 38, comma 2, prevede espressamente un riproporzionamento del trattamento previdenziale in ragione della prestazione lavorativa effettivamente eseguita. Il riproporzionamento è realizzato utilizzando, per gli eventi di malattia, di maternità e tbc, un diverso parametro retributivo a seconda che le giornate di evento cadano nel periodo di prevista attività lavorativa ovvero di disponibilità; si prende, cioè, come riferimento, rispettivamente, la retribuzione giornaliera percepita durante il periodo di effettivo utilizzo lavorativo immediatamente antecedente all’insorgenza dell’evento ovvero l’indennità di disponibilità spettante secondo il contratto[2].

Anche per quanto riguarda la indennità di tbc, valgono le indicazioni (salvo il riferimento alla “retribuzione annua” nel caso di indennità, per i  primi 180 giorni, pari a quella di malattia) precisate nel paragrafo relativo al part-time verticale.

Nei casi in cui il contratto sia stipulato a tempo determinato, si ricorda che le prestazioni di malattia possono essere corrisposte, fermo quanto precede a proposito della retribuzione da prendere a riferimento, entro i limiti previsti per tale tipologia di lavoro, tra i quali, ovviamente, l’erogabilità non oltre la data di prevista scadenza del rapporto.

  • B)    seconda  tipologia:  mera facoltà di risposta alla chiamata del datore di lavoro.

L’individuazione della disciplina previdenziale applicabile a tale tipologia contrattuale non può prescindere dal preventivo inquadramento giuridico della fattispecie in oggetto.

Il vincolo contrattuale per il lavoratore sembra sorgere solo al momento della risposta (facoltativa) alla chiamata del datore di lavoro. La risposta suddetta ha, quindi, efficacia costitutiva del rapporto contrattuale: fino a quel momento non vi è alcun obbligo di disponibilità in capo al lavoratore, cui pertanto non spetta né l’indennità di disponibilità, né alcun diritto alle prestazioni di malattia e maternità. I rapporti contrattuali in tal modo di volta in volta instaurati devono considerarsi come rapporti a tempo determinato, con conseguente applicazione dei relativi limiti di indennizzabilità ordinariamente previsti per le prestazioni di malattia (il diritto all’indennità si estingue al momento della cessazione dell’attività lavorativa).

Il riproporzionamento (vedi lettera A) di cui alla previsione dell’art. 38, comma 2, non può realizzarsi con la metodologia di cui alla tipologia precedente proprio per la mancanza di un obbligo contrattuale di disponibilità: la retribuzione complessivamente percepita quale corrispettivo dell’attività svolta nel corso dell’anno (ultimi 12 mesi) va divisa per il numero delle giornate indennizzabili in via ipotetica (360, per impiegati; 312, per operai), computando nella retribuzione anche le indennità di trasferta e i ratei di mensilità aggiuntive secondo gli stessi criteri illustrati per il contratto di lavoro a tempo parziale (paragrafo 6).